"Quel
ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non
interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e
del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a
prender corso e figura di fiume..."
I Promessi sposi
sono un romanzo storico ambientato nella Lombardia del 1628-1630, che ha per
protagonisti i giovani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella
il cui matrimonio viene impedito dal signorotto del loro paese,
don Rodrigo,
a causa di una futile scommessa col cugino Attilio.
In seguito a un tentativo di rapimento della ragazza, i due fidanzati sono
costretti a separarsi e a fuggire, andando incontro a una serie di disavventure
(Lucia incontrerà la monaca di Monza, l'innominato,
il cardinal Borromeo, mentre Renzo sarà coinvolto nei moti
popolari a Milano
il giorno di S. Martino del 1628 e dovrà rifugiarsi nel Bergamasco).
La peste del
1630 farà in modo che i due promessi si ritrovino nel lazzaretto
di Milano e, in seguito alla morte del loro persecutore a causa dell'epidemia,
potranno infine sposarsi e trasferirsi nel territorio di Bergamo.
Renzo
Giovane che, nato e cresciuto nel limitato ambiente
del suo paese, conosce la vita solo nei suoi aspetti più semplici e consueti,
la fatica del lavoro e la forza degli affetti. Rimasto orfano in giovane età, è
abituato a badare a se stesso e si è creato un onesto lavoro, una sicurezza per
sé e per la sposa prescelta, Lucia. Di indole buona, ha tuttavia un
temperamento impetuoso, incline a scatti e a ribellioni improvvise. Si tratta
di esuberanza, più che di prepotenza. Renzo non è privo di una naturale
intelligenza e furbizia che lo aiutano nei momenti critici ma che forse non
bastano quando si trova immerso nei problemi al di fuori del suo paesello,
perso tra le mura della città. Renzo è incline a giudicare il prossimo con
ottimismo, ma quando è sicuro di essere oggetto d'ingiustizie si ribella,
mettendo in moto la sua scaltrezza. Contro il rivale, Don Rodrigo, si scaglia
furiosamente, ma alla fine il suo equilibrio e la sua fede in Dio lo inducono a
perdonare.
Lucia
Giovane donna, le cui caratteristiche, fisiche e
morali, sono tra le meno appariscenti che ci sia dato attribuire ad un soggetto
umano ed a un personaggio di romanzo. Lucia non è passiva come potrebbe
sembrare, ella si oppone con tanta forza a tutto ciò che la sua coscienza non
può approvare in modo attivo, agendo in una direzione sola, quella del bene,
usando le armi della fede, della preghiera e del lavoro. Ragazza umile, del
popolo, alla quale la modesta origine non impedisce di albergare nell'animo una
nobiltà di sentimenti e di ideali a fare invidia a persone di più alta nascita
e cultura, ella è conscia dei suoi doveri di donna e di cristiana, che una
strana sorte ha portato in mezzo ad una serie di loschi intrighi, di terribili
vicende. Sensibile al richiamo degli affetti e alla voce della nostalgia, preda
della paura nei momenti più drammatici, non si abbandona mai alla disperazione,
ma istintivamente trova dentro di sé le risorse per riacquistare l'equilibrio e
la pace dello spirito.
Don Abbondio
Curato del paese di Renzo e Lucia, dovrebbe unirli
in matrimonio ma, minacciato da Don Rodrigo, cerca di evitare a tutti i costi
di celebrare le nozze e lo farà solo alla fine del romanzo, quando ogni pericolo
sarà svanito. La vita di Don Abbondio si svolge tutta nell'orbita di Don
Rodrigo e sotto l'influsso del suo principale difetto, la paura. La sua storia
non è altro che la storia della sua paura e di tutte le manifestazioni
attraverso le quali essa si rivela. Gretto, meschino, egoista fino
all'impossibile, non è uomo cattivo, ma nemmeno buono; egli vive come in un
limbo tormentato dalla paura; vede ostacoli e insidie anche dove non ci sono e
l'angoscia e la preoccupazione di riuscire ad uscirne indenne lo rende incapace
di prendere posizione tra il bene e il male. Anche quando, per un breve attimo,
le parole del Cardinale, sembrano risvegliare in lui una luce, questa non
riesce a giungere agli strati superiori della sua coscienza. Il suo carattere, oltre
a creare vari spunti di comicità, non è privo di una certa grettezza che egli
rivela per la soddisfazione dello scampato pericolo.
Don Rodrigo
Signorotto invaghitosi di Lucia che, solo per
capriccio, vuole avere per sé. Egli rappresenta l'espressione umana e il
simbolo del suo secolo; non riveste una carica particolare, ma è uno dei tanti
nobilotti dell'epoca, uno qualsiasi. Il suo carattere, per niente deciso e
fermo, riflette passivamente e fedelmente le magagne e le ingiustizie sociali
dell'epoca in cui è chiamato a vivere. Di lui non viene data una descrizione
vera e propria, né fisica né morale, sebbene sia lui il responsabile di tutta
la vicenda; noi lo conosciamo attraverso i simboli e gli attributi della sua
forza e della sua autorità: il suo palazzo, i suoi servi e le sue azioni.
Cattivo genio di tutta l'azione, sicuro che la sua posizione sociale e gli
appoggi di persone influenti gli garantiscono l'impunità, conosce solo una
legge, quella del più forte. Pur essendo malvagio, non ha il coraggio delle sue
azioni, preoccupato dalle conseguenze che esse hanno. Dopo le minacce di Padre
Cristoforo, probabilmente rinuncerebbe volentieri al piano malvagio, ma
persevera solo per questione di puntiglio e orgoglio vedendosi costretto a
ricorrere all'aiuto di chi è più malvagio di lui, di chi veramente sa fare il
male, l'Innominato. Purtroppo la conversione di quest'ultimo capovolge la
vicenda e Don Rodrigo sarà cpstretto ad andarsene, a nascondersi, fino a quando
la peste non lo coglierà e lo condurrà alla morte nel lazzaretto di Milano.
Agnese
E' la madre di Lucia.. Il suo carattere deciso e sbrigativo la porta ad una sicurezza di
giudizio che non sempre si rivela esatta; la sua sollecitudine e l'amore per la
figlia Lucia, velati da un riserbo proprio delle persone abituate ad una vita
semplice e ridotta ai valori essenziali, la sua facilità di parola e la sua
spontaneità, costituiscono un marchio inconfondibile. Profilo vivo e veritiero,
riesce subito simpatica per la sollecitudine con cui si dispone ad aiutare la
figlia nel raggiungimento della sua felicità. Anche se, spinta da troppa
sicurezza, è portata a vedere solo una faccia della realtà, il suo ottimismo la
induce ad escogitare sempre nuove soluzioni per far trionfare la giustizia e il
bene di Lucia.
Padre Cristoforo
Frate cappuccino del convento di Pescarenico, poco
distante dal paese dei due promessi sposi, egli è la guida spirituale cui si
affida Lucia. La sua indole ribelle, ma al tempo stesso generosa è già delineata
fin da quando, non ancora frate, porta il nome di Lodovico. Abituato sin da
giovane all'agiatezza e al lusso, cresce alimentando un'abituale fierezza che
lo porta, come il padre, a scagliarsi contro l'ostilità del mondo aristocratico, conducendo una guerra aperta contro i suoi rivali e schierandosi a
fianco dei deboli che avessero subito da essi un sopruso. Questo suo
atteggiamento lo porterà al famoso duello dal quale uscirà con la convinzione
della sua vocazione. La figura del frate grandeggia, non come quella di un
essere superiore, ma come quella di un uomo tra gli uomini, che ha vissuto le
sue esperienze e ha formato il suo carattere proprio in mezzo al complicato
mondo seicentesco. In lui, immagine viva e vera, si può vedere il simbolo
dell'eterna lotta tra il bene e il male, tra forza materiale e forza spirituale
che, sorretta da una fede senza confini, è destinata a trionfare. Quello che
egli prima operava a servizio di una giustizia umana, ora opera a servizio di
quella divina e proprio in questa continuità risiede la reale umanità del
personaggio. L'ultima immagine che abbiamo di lui, con i segni della fine sul
volto, è quella al lazzaretto, a servire i bisognosi come in tutta la sua vita.
Innominato
L'Innominato è una delle figure psicologicamente più
complesse e interessanti del romanzo. Personaggio storicamente esistito nel
quale l'autore fa svolgere un dramma spirituale che affonda le sue radice nei
meandri dell'animo umano. L'Innominato, figura malvagia, la cui malvagità incute rispetto, è il potente cui Don Rodrigo si rivolge
per attuare il piano di rapire Lucia. In preda a una profonda crisi spirituale,
l'Innominato scorge nell'incontro con Lucia un segno, una luce che lo porta alla
conversione; solo in un animo simile, incapace di vie di mezzo, una crisi
interiore può portare a una trasformazione integrale. Durante la famosa notte
in cui Lucia è prigioniera nel castello, la disperazione dell'Innominato giunge
al culmine, tanto da farlo pensare al suicidio, ma ecco che il pensiero di Dio
e le parole di Lucia lo salvano e gli mostrano la via della misericordia e del
perdono.
In classe abbiamo cominciato a studiare Leopardi e il suo pensiero filosofico. In primis, inserisco una lettura de L'infinito di Leopardi eseguita da un celebre attore di teatro, Giorgio Albertazzi, in modo che possiate esercitarvi e avere un'idea di come si debba recitare una poesia.;-)
Proseguo cercando di spiegare, nella maniera più chiara e semplice possibile, quali siano i capisaldi del pensiero leopardiano, di cui abbiamo cominciato a discutere durante la lezione in classe.
Al centro della meditazione di Leopardi si pone l’infelicità dell’uomo.
Egli individua la causa prima in alcune pagine dello
Zibaldone. Identifica la felicità con il piacere sensibile e materiale.
L’uomo aspira a un piacere infinito, ma, dato che nessuno dei piaceri
particolari goduti dall’uomo può soddisfare questa esigenza, nasce in
lui un senso di insoddisfazione perenne. Da questa tensione
inappagata nasce l’infelicità dell’uomo e il senso della nullità di tutte
le cose. L’uomo è dunque
necessariamente infelice. La natura, che in questa prima fase è
concepita da Leopardi come madre benigna, ha voluto sin dalle origini
offrire un rimedio all’uomo: l’immaginazione e le illusioni.
La poetica del vago e indefinito
La teoria del piacere è fondamentale nel pensiero leopardiano: è il nucleo della sua filosofia pessimistica e della sua poetica.
Se nella realtà il piacere infinito è irraggiungibile, l’uomo può
figurarsi i piaceri infiniti mediante l’immaginazione. La realtà
immaginata costituisce la compensazione, l’alternativa ad una realtà
vissuta che non è che infelicità e noia. Ciò che stimola l’immaginazione
è tutto ciò che è vago, indefinito, lontano, ignoto. Si viene a
costruire una vera e propria teoria della visione: è piacevole,
per le idee vaghe e indefinite che suscita, la vista impedita da un
ostacolo (cfr.la siepe de L'infinito). Leopardi elenca tutta una serie di visioni e suoni suggestivi in quanto
vaghi e indefiniti. Il bello poetico per Leopardi consiste dunque nel vago e
nell’indefinito, queste immagini evocano sensazioni che ci hanno
affascinati da fanciulli. La rimembranza diviene essenziale al
sentimento poetico. Indefinito e rimembranza si fondono: la poesia non è che il recupero della visione immaginosa della fanciullezza attraverso la memoria. Leopardi nella sua produzione in versi segue puntualmente la poetica del vago e dell’indefinito.
Ricapitolando:
L'uomo, per sua natura, tende ad un piacere infinito che appare di per sè impossibile da raggiungere:
La Natura ha dotato l'uomo dell'immaginazione per figurarsi piaceri infiniti; e questa realtà illusoria costituisce una compensazione alla realtà infelice.
Ciò che stimola a costruire questa realtà parallela sono gli aspetti vaghi e indefiniti del reale (suoni, visioni...)
Il Bello poetico consiste nella scelta di tali sensazioni indefinite
La poetica del vago e dell'indefinito si fonde con la poetica della rimembranza; infatti le suggestioni del vago e dell'indefinito altro non sono che il ricordo di quelle provate durante la fanciullezza.
Dallo Zibaldone , le parole di Leopardi sulla teoria del piacere:
[165-172] Il sentimento della nullità di tutte le cose, la
insufficienza di tutti i piaceri a riempierci l'animo, e la tendenza
nostra verso un infinito che non comprendiamo, forse proviene da una
cagione semplicissima, e più materiale che spirituale.
L'anima umana (e così tutti gli esseri viventi) desidera
sempre essenzialmente, e mira unicamente, benché sotto mille aspetti, al
piacere, ossia alla felicità, che considerandola bene, è tutt'uno col piacere.
Questo desiderio e questa tendenza non ha limiti, perch'è ingenita o congenita
coll'esistenza, e perciò non può aver fine in questo o quel piacere che non può
essere infinito, ma solamente termina colla vita. E non ha limiti 1. né per
durata, 2. né per estensione. Quindi non ci può essere nessun piacere che
uguagli 1. né la sua durata, perché nessun piacere è eterno, 2. né la sua
estensione, perché nessun piacere è immenso, ma la natura delle cose porta che
tutto esista limitatamente e tutto abbia confini, e sia circoscritto.
Il detto desiderio del piacere non ha limiti per durata,
perché, come ho detto non finisce se non coll'esistenza, e quindi l'uomo non
esisterebbe se non provasse questo desiderio. Non ha limiti per estensione perch'è
sostanziale in noi, non come desiderio di uno o più piaceri, ma come desiderio
del piacere. Ora una tal natura porta con se materialmente l'infinità, perché
ogni piacere è circoscritto, ma non il piacere la cui estensione è
indeterminata, e l'anima amando sostanzialmente il piacere, abbraccia tutta
l'estensione immaginabile di questo sentimento, senza poterla neppur concepire,
perché non si può formare idea chiara di una cosa ch'ella desidera illimitata.
Veniamo alle conseguenze. Se tu desideri un cavallo, ti pare
di desiderarlo come cavallo, e come un tal piacere, ma in fatti lo desideri come
piacere astratto e illimitato. Quando giungi a possedere il cavallo,trovi un
piacere necessariamente circoscritto, e senti un vuoto nell'anima, perché quel
desiderio che tu avevi effettivamente, non resta pago. Se anche fosse possibile
che restasse pago per estensione, non potrebbe per durata, perché la natura
delle cose porta ancora che niente sia eterno. E posto che quella material
cagione che ti ha dato un tal piacere una volta, ti resti sempre (p.e. tu hai
desiderato la ricchezza, l'hai ottenuta, e per sempre), resterebbe
materialmente, ma non più come cagione neppure di un tal piacere, perché questa
è un'altra proprietà delle cose, che tutto si logori, e tutte le impressioni
appoco a poco svaniscano, e che l'assuefazione, come toglie il dolore, così
spenga il piacere.
Aggiungete che quando anche un piacere provato una volta ti
durasse tutta la vita, non perciò l'animo sarebbe pago, perché il suo desiderio
è anche infinito per estensione, così che quel tal piacere quando uguagliasse la
durata di questo desiderio, non potendo uguagliarne l'estensione, il desiderio
resterebbe sempre, o di piaceri sempre nuovi, come accade in fatti, o di un
piacere che riempiesse tutta l'anima.
Quindi potrete facilmente concepire come il piacere sia cosa
vanissima sempre, del che ci facciamo tanta maraviglia, come se ciò venisse da
una sua natura particolare, quando il dolore la noia ec. non hanno questa
qualità. Il fatto è che quando l'anima desidera una cosa piacevole, desidera la
soddisfazione di un suo desiderio infinito, desidera veramente il piacere, e non
un tal piacere; ora nel fatto trovando un piacere particolare, e non astratto, e
che comprenda tutta l'estensione del piacere, ne segue che il suo desiderio non
essendo soddisfatto di gran lunga, il piacere appena è piacere, perché non si
tratta di una piccola ma di una somma inferiorità al desiderio e oltracciò alla
speranza.
E perciò tutti i piaceri debbono esser misti di dispiacere,
come proviamo, perché l'anima nell'ottenerli cerca avidamente quello che non può
trovare, cioè una infinità di piacere, ossia la soddisfazione di un desiderio
illimitato.
Come le lingue, anche le religioni rappresentano uno degli elemneti fondamentali delle identità e delle differenze culturali tra i popoli. Hanno sempre svolto un ruolo importante nelle varie società e il loro peso culturale è sempre stato rilevante nella storia del mondo.
Le religioni con maggiore estensione geografica e con maggior numero di seguaci sono il Cristianesimo, l'Islamismo, l'Induismo e il Buddismo. Il gruupo più numeroso è quello cristiano, con circa 2 miliardi di fedeli; a seguire i musulmani con 1 miliardo e 300 milioni di fedeli.
Inserisco un'utile carta con la distribuzione geografica delle religioni nel mondo.
E’ uno strumento grafico che consente di rappresentare la struttura di
una popolazione per sesso ed età. L’asse verticale riporta le classi di età,
mentre nella dimensione orizzontale è indicata la frequenza (in percentuale) della
popolazione.
La rappresentazione grafica della popolazione per sesso ed età viene
chiamata “piramide” perché la situazione tipica prevede la presenza di
molti giovani e poi via via meno persone al crescere dell’età, come
conseguenza dell’azione della mortalità. La punta rappresenta i pochi
che arrivano alle età più avanzate.
Molte popolazioni sviluppate, come l’Italia, presentano oggi delle priramidi dell'età con una base
più ristretta rispetto alla parte centrale, per effetto della denatalità
che ha eroso la consistenza quantitativa delle nuove generazioni. La
crescente longevità sta invece producendo una espansione del vertice.
La piramide è una fotografia della struttura della popolazione, ma porta
in sé tracce delle dinamiche di natalità e mortalità passate oltre che
di eventi specifici che hanno alterato congiunturalmente i comportamenti
demografici.
Queste piramidi dell’età sono grafici che illustrano la
composizione della popolazione di Europa e Africa oggi: nel confronto emerge
l’invecchiamento della popolazione europea, legata alla diminuzione delle
nascite e all'innalzamento dell'età di morte; al contrario, la realtà africana caratterizzata da una
popolazione molto giovane e da un elevato tasso di natalità e, contemporaneamente, un elevato tasso di mortalità.
Per i ragazzi della 1 B inserisco uno schema sul testo e sui requisiti della testualità, per poter ripassare gli argomenti di cui abbiamo discusso in classe martedì 19 novembre. Buono studio!
Cari ragazzi della 3°A, queste sono le tracce dei temi da svolgere per mercoledì 20 Novembre -
TRACCIA 1
I rapporti tra genitori e figli rappresentano da sempre una questione delicata
e difficile, talvolta un vero e proprio problema, che si accentua durante l'adolescenza. Come vivi il rapporto con i tuoi genitori? Come è cambiata la natura di questa reazione negli anni? Sulla base delle discussioni svolte in classe e della tua esperienza personale, scrivi un testo in cui rifletti sull'argomento proposto.
TRACCIA2
Lo sport è considerato da sempre una parte fondamentale dell'educazione dei giovani. Quanta importanza riveste lo sport nella tua vita? Qual è il tuo sport preferito?
Per tutti i miei alunni delle classe terze pubblico un file che raccoglie le giornate di SCUOLA APERTA di tutte le scuole di Cremona, per gentile concessione di alcune colleghe della scuola media Anna Frank di Cremona.
Aggiungo anche il link al sito dell'Informagiovani nel quale è possibile visualizzare tutti percorsi di istruzione secondaria di II grado disponibili nella provincia di Cremona:
Inserisco il file della la presentazione in power-point sugli elementi della comunicazione per i ragazzi della 1B. Buona lettura e buono studio a tutti!
Inserisco alcuni video che potranno esservi utili per lo studio degli argomenti trattati durante le lezioni di geografia: le teorie sull'origine dell'universo, la deriva dei continenti e le conseguenze dei movimenti delle zolle in cui è divisa la crosta terrestre. Buona visione!
Il nostro pianeta viene convenzionalmente divisio in 5 grandi fasce climatiche:
la fascia equatoriale o tropicale
le fasce temperate
la zone polari
Per ognuna di queste fasce climatiche, molteplici sono gli ambienti naturali, con la loro vegetazione e la loro fauna, che possono svilupparsi alle diverse latitudini.
Per facilitare lo studio dell'argomento ai miei studenti, ho creato uno schema che esemplificasse la distribuzione degli ambienti naturali nel nostro pianeta.